Quando il tasso di interesse di un prestito diventa tasso di usura
Quando si parla di usura, il primo pensiero va alla classica figura del cravattaro, immortalata da film e fiction televisive. Meno ricorrente, nell'immaginario collettivo, è però una figura che si è affermata nel corso degli ultimi anni, ovvero quella del colletto bianco operante all'interno della banca, non meno pronto a sfruttare le difficoltà dell'economia reale, famiglie e imprenditori, per imporre condizioni capestro a chi richieda finanziamenti. Una figura che può far leva sul credit crunch sempre molto forte, per costringere la controparte ad accettare. Se il termine strozzino non viene usato, per una figura di questo genere, allo stesso tempo l'opinione pubblica non ha più remore ad evocare quello che sembrava un vero tabù, ovvero l'usura bancaria.
Cos'è l'usura bancaria
Cosa si intende precisamente come usura bancaria? In pratica si tratta dell'applicazione, sui finanziamenti concessi alla clientela, di tassi di interesse effettivi i quali ove si vada a sommare il tasso nominale e tutti gli oneri relativi alla concessione del credito, superano il limite consentito dalla legge sull'usura (L. 108/1996 e successive modifiche), varcato il quale gli interessi vengono sempre considerati usurari.
Le soglie in questione sono stabilite ogni tre mesi e sono diverse a seconda della tipologia di finanziamento, per i mutui ipotecari a tasso variabile, per gli acquisti rateali, il fido e lo scoperto sui conti correnti, e il credito revolving delle carte di credito.
Perché sempre più spesso si sente parlare di usura bancaria?
Il tema è una sorta di fiume carsico, che periodicamente torna in superficie dopo essersi inabissato nel sottosuolo per qualche mese. A farlo tornare sotto gli occhi dell'opinione pubblica sono proprio le sentenze della Cassazione, spesso investita della questione e costretta a pronunciarsi, come è accaduto ad esempio il 9 gennaio 2013, quando con la sentenza numero 350 la Suprema Corte ha affermato che al fine di poter classificare un tasso come usurario devono essere considerati anche gli interessi di mora inseriti in un contratto di finanziamento, pur se concretamente il rapporto non sia mai andato in porto.
Passati appena due giorni dopo, due sentenze gemelle (n° 602-603/2013) hanno poi affermato come i tassi possano divenire usurari anche durante un rapporto di finanziamento (la cosiddetta usura sopravvenuta), non soltanto nel momento in cui sono stati pattuiti tra le controparti (usura originaria o preventiva).
Alle sentenze della Cassazione sono poi andate ad aggiungersi quelle elaborate dall'Abf (Arbitro Bancario Finanziario), le quali hanno accolto il nuovo orientamento giurisprudenziale che, proprio per gli effetti dell'usura sopravvenuta, trasforma i mutui a tasso fisso in variabile, ma soltanto al ribasso.
La sentenza del Collegio di Coordinamento dell'ABF del 10 gennaio 2014
In questo quadro, si è poi venuta ad aggiungere la decisione assunta dal Collegio di Coordinamento dell'Abf il 10 gennaio 2014 (protocollo n°77/14). In questo caso, è stato infatti stabilito come il tasso fisso del 10% previsto per un mutuo a 20 anni stipulato in passato possa senz'altro considerarsi usuraio, in considerazione del fatto che nel corso della vita del contratto il tasso soglia di usura è sceso ben al di sotto, con un minimo nel primo trimestre del 2011 al 6,28%. Ne deriva perciò che il tasso di usura può diventare reale durante la vita del finanziamento semplicemente in funzione dei possibili mutamenti delle condizioni di mercato.
Inoltre, ove si prendano in considerazione anche gli interessi di mora, le penali e le altre spese previste, l'ipotesi di aver proceduto alla sottoscrizione anche nel recente passato di finanziamenti tali da oltrepassare il tasso soglia già al momento della stipula si fa assolutamente concreta.
Quando un tasso è illegale e come si può fare per verificarlo
Proprio prendendo in esame la sentenza 350/2013 della Corte di Cassazione, occorre considerare anche gli interessi di mora oltre all'interesse previsto nel contratto di finanziamento. Il termine in questione va a indicare il tasso che il cliente dovrebbe pagare alla banca ove si verificasse l'eventualità di non riuscire a onorare una o più rate previste dal contratto sottoscritto. Abitualmente l'onere della mora viene ad essere stabilito maggiorando di un paio di punti percentuali il tasso ordinario.
Se però sommando il tasso ordinario, gli interessi di mora e le altre spese accessorie del finanziamento, si supera il tasso soglia scatta appunto l'ipotesi di tasso d'usura, in questo caso originaria.
Come si calcola il tasso di usura
Come può essere calcolato il tasso di usura? In pratica esso scatta quando il Taeg del mutuo o del prestito ha un valore superiore al Tegm (Tasso Effettivo Globale Medio), ovvero la rilevazione effettuata ogni tre mesi dalla Banca d'Italia su preciso mandato del Ministro dell'Economia e delle Finanze. Il Tegm, infatti, rappresenta il valore medio del tasso di interesse praticato dai differenti Istituti bancari che offrono prestiti o mutui, andando a comprendere gli oneri accessori del prestito, un valore soglia tale da non dover mai essere superato se non si vuole incorrere in un tasso di interesse considerato di usura.
Cosa fare se scatta il tasso di usura
Quando è evidente l'usura bancaria, il cliente che sia incappato nella disavventura può senz'altro rivalersi contro l'istituto bancario colpevole. Nel caso in cui il cliente abbia effettuato il pagamento di interessi usurari diventa perciò possibile agire in giudizio contro la banca, con il preciso scopo di ottenere la restituzione delle somme ingiustamente pagate a titolo di interessi usurari non dovuti, proprio in base a quanto espressamente disposto dalla legge in materia di mutuo.
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