Prestito tra privati: in quali casi è considerato legale?

Il prestito tra privati è molto in auge in tempi di crisi economica e di stretta creditizia da parte del sistema bancario tradizionale, ma esiste da moltissimo tempo e deve sottostare ad alcune precise regole per essere considerato perfettamente legale e non dare adito a dubbi.

La crisi economica ha avuto tra le sue conseguenze di maggior portata una minore propensione da parte del sistema bancario a finanziare l'economia reale, ovvero  famiglie e imprese, costringendole quindi a cercare alternative praticabili per poter avere risorse aggiuntive. Tra queste alternative, è rispuntato un vecchio metodo, quello del prestito privato, ovvero quello che avviene tra familiari, parenti e amici.  
Naturalmente sono in molti a porsi una domanda fondamentale al riguardo: i prestiti tra privati sono legali e se sì, in quali casi? Andiamo dunque a esaminare meglio la questione.

Cosa dice l'Agenzia delle Entrate

A rendere fondamentale la domanda è stata in particolare una precisazione dell'Agenzia delle Entrate, secondo la quale alcuni prestiti tra privati potrebbero nascondere  forme di evasione fiscale.

Il prestito tra privati è tornato in auge in tempi di crisi economica

Una precisazione che è andata a fare il paio con le azioni promosse dalla Banca d'Italia contro alcune società di social lending negli anni passati.
Va intanto precisato che il prestito tra privati è sempre esistito e in alcuni casi pone rimedio all'impossibilità dei protestati di accedere al credito ufficiale, rappresentando in ultima analisi una forma di solidarietà familiare. Grazie ad essi gli interessati possono provvedere al saldo di bollette, tasse e altre forme di pagamento anche in assenza di ascolto da parte del sistema bancario. In un momento in cui i crediti inesigibili spingono le banche al credit crunch verso i clienti problematici, il prestito tra privati assume la valenza di una sorta di ammortizzatore sociale.
Allo stesso tempo, va sottolineato come occorra prestare il massimo di attenzione alle forme con cui esso avviene, proprio per non prestare il fianco a pratiche opache che potrebbero in ultima analisi rivelarsi illegali. Per farlo, occorre formalizzare il prestito rispettando gli obblighi di legge, adottando un contratto finanziario caratterizzato da formule molto semplici.

Come va redatto un contratto di prestito tra privati

Naturalmente la formalizzazione della transazione dipende da alcuni fattori di non poco conto, a partire dall'entità della cifra in gioco. Quando essa è ingente, le garanzie dovranno  essere di gran lunga maggiori, soprattutto ove il rapporto tra le controparti non sia strettissimo.  
Possiamo comunque dire che un contratto di prestito tra privati dovrebbe sempre assumere la forma di un contratto finanziario o di una scrittura privata, tale da avere piena validità legale e all'interno del quale le parti coinvolte vadano a stabilire in maniera consensuale non solo la somma erogata, ma anche il tasso d'interesse previsto, i tempi e le modalità della restituzione, oltre alle eventuali garanzie a tutela del creditore. Naturalmente occorre prestare molta attenzione anche alla forma, specificando nel modo migliore le informazioni anagrafiche, la cifra in questione e la data da cui decorre il contratto.  Ove questi fattori non vengano formulati nella maniera esatta, si può addirittura arrivare all'insolvenza.

Il prestito tra privati con scrittura privata

Quando si parla di prestiti tra privati, la formula che viene alla mente è naturalmente quella della scrittura privata. Si tratta di prestiti non solo consentiti, ma anche tutelati dalla legge a patto che non diventino sistematici. Il contratto va stipulato in duplice copia secondo la forma prevista dall'art. 1813 del Codice Civile, ovvero il mutuo, non ha obbligo di autenticazione notarile o di registrazione ma deve contenere i requisiti minimi di validità, ovvero:
- i dati anagrafici completi e corretti delle parti interessate;
- l'esatto importo prestato, indicato in modo chiaro ed inequivocabile;
- le modalità precise del piano di rientro;
- il tasso di interesse applicato, ove previsto;
- la dicitura esplicita di "contratto di mutuo ex art. 1813 C.C.";
- la data e le firme autografe dei contraenti.
Ove si tratti di cifre rilevanti è però consigliabile sottoporre il contratto al parere di un legale competente in materia e la presenza di testimoni che firmino in calce, evitando pericolose formule fai da te che potrebbero aprire la strada a contenziosi.

La questione fiscale

Va poi sottolineato come da un punto di vista fiscale il prestito tra privati sia svantaggioso. Se per i mutui bancari di durata superiore ai 18 mesi le imposte applicate vengono sommate in una imposta sostitutiva unica dello 0,25% sull'importo, il prestito tra privati è gravato di una imposta di registro del 3% sull'importo e di una dello 0,50% sulla garanzia ipotecaria o fidejussoria, cui occorre aggiungere l'imposta ipotecaria del 2% sul valore dell'ipoteca, ove essa sia prevista. Inoltre non è possibile detrarre l'Irpef degli interessi passivi rimborsati.

Prestito tra privati con cambiali

Per offrire una maggior tutela a chi presta i soldi, può essere richiesta la sottoscrizione di cambiali sotto forma di titolo esecutivo. Si tratta di una formula poco usata, per ovvi motivi, ma le cambiali rappresentano delle forme molto valide per garantire un prestito, essendo strumenti che presentano molti vantaggi, pur prevedendo imposte di bollo da corrispondere al momento della loro sottoscrizione.

Il prestito tra privati può sconfinare nell'evasione fiscale

Altri vantaggi da esse offerti, sono:
- la semplicità di utilizzo e di compilazione;
- la grande flessibilità, che consente di decidere gli importi da restituire e le date;
- la possibilità di rinnovarle, ove sia necessario prorogare il termine o modificare le condizioni di restituzione;
- la garanzia dell'esecutività, che permette di procedere immediatamente al pignoramento di beni.
Va sottolineato come tra gli elementi imprescindibili per la validità della cambiale ci sia il bollo, ovvero la marca che viene applicata sul retro della stessa, alla firma. La sua mancanza comporta la nullità del titolo e il suo valore deve essere calcolato in base all'importo, essendo pari al 12 per mille dello stesso, arrotondato per eccesso.

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Dott. Dario Marchetti

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